Dopo un anno dalle elezioni, dove è la casa per i moderati?

 

Un anno fa l’Italia era alle urne per il rinnovo del Parlamento, ma nessuna coalizione ne usciva vincitrice. Dopo 3 mesi di travagliate consultazioni parlamentari, il primo giugno 2018 nasceva il governo giallo verde, formato dalla Lega, staccatasi dall’alleanza di centro destra, e dal Movimento 5 Stelle, i due partiti usciti di fatto vincitori dalle elezioni. Un anno fa, come dissi in un commento, nasceva la terza Repubblica, fuori dai schemi ideologici del Novecento (destra-sinistra) e ora posso affermare che questa Terza Repubblica, o meglio, i due contenitori partitici che la incarnano, non mi piacciono.

Perché le altre domande che mi pongo sono: in questo anno di governo giallo verde, i moderati hanno trovato casa? Il sovranismo, le politiche anti immigrazione, la legittima difesa e la volontà di liberalizzare le armi, il no alle infrastrutture, il dare contro l’Europa, i toni urlati, il presentismo social sono i temi e i modi che appartengono all’elettore moderato?

Matteo Salvini ha avuto la capacità di portare il partito dopo un anno, dal 17% dei voti del 2018, al 30% dei voti tra sondaggi e prove elettorali amministrative e di incarnare la figura di quel leader che non vedevamo da diversi anni al pari di Silvio Berlusconi. Figlio di Umberto Bossi, padre della Lega Nord e di Roma Ladrona, Salvini ha avuto la capacità di trasformarsi apparentemente in leader moderato, conquistando anche i voti del Centro Sud Italia, un tempo tanto criticato della Lega Nord. L’atteggiamento intransigente verso l’immigrazione, la mancanza di volontà di coinvolgere le istituzioni europee per affrontare il problema con un clima collaborativo e cooperativo, la vicinanza ai movimenti estremi europei, la volontà di affidare le armi agli Italiani per la legittima difesa sono le proposte di un leader moderato?

Il Movimento 5 Stelle rappresenta la sintesi post ideologica di quanti non erano rappresentati e delusi dai partiti tradizionali, nonché il peggior esempio di selezione della classe politica. Innanzitutto la scelta di nominare ministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro un coetaneo senza neanche mai aver lavorato seriamente, ha già fatto perdere di credibilità al Movimento perché il Vicepremier incarna il peggior carrierista politico e non è di esempio per i tanti giovani che invece in Italia e all’estero con lo studio e il lavoro si sacrificano per dimostrare le loro capacità: al pari di tanti altri politici di professione, cosa ha fatto questo Ministro nella sua vita? Qual è la sua personale prospettiva lavorativa per guidare le sviluppo economico? Dirige un’impresa? E’ stato dipendente di qualche azienda? E’ un modello da imitare? In secondo luogo, una politica del Movimento che si fonda su scelte che scaturiscano da un click digitale, senza un confronto fatti di sguardi e contatti umani, è la morte della politica quale comunità fatto di persone che si incontrano.

Venendo alle opposizioni, causa dell’attuale situazione politica, i leader di minoranza si dimostrano bravi oratori, pieni di ricette ai problemi del Paese che non hanno affrontato quando erano al governo.

Silvio Berlusconi è ancora in campo e senza tempo. Dalle sue numerose interviste mediatiche offre soluzioni al panorama politico, tuttavia non è chiaro come mai tali proposte non fossero state messe in campo quando era al governo e al più quando era all’opposizione nella scorsa legislatura. Il problema di Forza Italia è che è rimasta ostaggio del suo fondatore: se da una parte, con il M5S abbiamo dei giovani inesperti alla guida dell’Italia, dall’altra invece, in Forza Italia, Berlusconi, dalla sua veneranda età, non riesce a crescere e mettere in campo forze nuove e l’idea che lasci a Matteo Salvini la guida del centro destra 3.0 dimostrerebbe il peggiore risultato delle non scelte di Berlusconi, tradendo in pieno quegli ideali liberali e popolari di cui si è sempre detto erede.

Il Partito Democratico. La partecipazione delle primarie di domenica scorsa sono la dimostrazione che c’è la voglia di essere presente e di fare comunità: il milione e settecentomila elettori dimostra che le persone vogliono vedersi e confrontarsi, che la politica è fatta anche di volti e gesti, di presenza nelle piazze e di confronto verbale. Tuttavia bisogna vedere come il nuovo segretario voglia incarnare questa partecipazione. Perché se Nicola Zingaretti vuole risuscitare gli schemi dei Democratici di Sinistra, allora il Partito Democratico rimarrà all’opposizione. Se invece sarà capace di esprimere quegli aspetti positivi dell’allora Premier Matteo Renzi, sapendo e volendo affrontare i temi che toccano gli italiani sul lavoro, la sicurezza, i giovani e il futuro allora qualche chance in più ci potrebbero essere per una ripresa.

Infine Fratelli d’Italia rappresenta il partito nazionalista 3.0 per eccellenza: pensare, come espresso dalla leader Giorgia Meloni al recente convegno dei Conservatori Americani che un’Italia sovranista e un’Europa più confederale possano guidare le sfide mondiali di fronte al giganti russo, indiano, cinese ed americano vuol dire relegare in una posizione di debolezza il nostro paese e l’intero Continente europeo.

Perché sull’Europa si gioca la sfida degli italiani e le prossime elezioni europee sono il banco di prova della politica italiana: o gli Italiani capiscono che da un’Europa più forte l’Italia può crescere oppure l’Italia non sarà. La formazione scolastica, il lavoro, l’immigrazione passano necessariamente attraverso le sfide globali; non si può affrontare il tema della scuola, dell’occupazione e della sicurezza senza che queste sfide siano affrontate in un’ottica europea. L’Italia deve prima collaborare con gli altri partner europei e investire con le infrastrutture adeguate se vuole affrontare le sfide del Mediterraneo e l’economia mondiale, altrimenti c’è il rischio che l’Italia sia un paese da conquistare invece che esportatore di un modello industriale fatto di bellezza e creatività artigianale.

Non saranno i muri fisici (che nella Storia sono sempre caduti o aggirati), la chiusura mentale e la paura dell’altro a salvare l’Italia, ma la capacità di costruire ponti e a guardare al futuro con proposte intelligenti ed inclusive a rendere forte e migliore il Bel Paese.

Alla prossima puntata.

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