RU486: la Regione informi le donne sui rischi

Riporto il comunicato stampa del MPV genovese a seguito della bocciatura della mozione, presentata dalla minoranza della Regione, sui rischi a cui la donna può incorrere a seguito dell’assunzione della RU486, la pillola abortiva.

Qua l’articolo de Il Giornale – Ed. Genova 31.07.2010

Il MPV chiede alla Regione che continui il dibattito per una maggiore conoscenza da parte della donna dei rischi conseguenti alla somministrazione della pillola abortiva RU486.

A lanciare l’appello è il Movimento per la Vita di Genova che auspica un impegno da parte della Regione e di tutte le istituzioni competenti affinchè, nell’interesse della tutela della salute della donna, vengano forniti tutti gli strumenti per un uso consapevole della pillola, diffondendo tutte le informazioni sui rischi connessi all’assunzione della RU486, adottando nel contempo iniziative per far si che l’aborto non sia ridotto a un fatto privato.

Richiamando l’art. 5 della Convenzione di Oviedo del 1997* che afferma : “Un intervento in campo sanitario può essere compiuto solo dopo che la persona interessata vi abbia dato un consenso libero e informato. A tale persona saranno fornite in anticipo informazioni appropriate relativamente alla finalità e alla natura dell’intervento, come anche sulle sue conseguenze e sui suoi rischi. La persona interessata potrà liberamente ritirare il consenso in qualsiasi momento” dobbiamo sottolineare come ad oggi manchi un’informazione adeguata, e si debba fare attenzione a non minimizzare la pericolosità della RU486 i cui effetti collaterali ai più non sono conosciuti.

Il dibattito appena iniziato in Consiglio Regionale, con la bocciatura della mozione della minoranza, si spera non sia già finito. L’auspicio è che ci sia la volontà di superare le barriere che contrappongono maggioranza e opposizione per elaborare dei supporti esplicativi di tutti rischi della pillola (anche del rischio di morte della donna) rispettando la Convenzione di Oviedo.

Fermo restando che prima di tutto le istituzioni, ai sensi dell’art. 1 della legge 194/78, dovrebbero tutelare la vita della donna e del bimbo che portano in grembo, garantendo il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconoscendo il valore sociale della maternità e tutelando la vita umana dal suo inizio. L’interruzione volontaria della gravidanza, non è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, devono promuovere e sviluppare i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.

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* “per la protezione dei diritti dell’uomo e della dignità dell’essere umano con riguardo all’applicazione della biologia e della medicina” che l’Italia ha ratificato e resa esecutiva con legge 145/2001